Si dice che furono i missionari o i luminari francesi a portare il cacao in VIETNAM nel XIX secolo. Il Dott. Alexandre Yersin (discepolo di Louis Pasteur, scopritore del bacillo della peste bubbonica e presente in Indocina fino al 1943) tentò di cimentarsi nella coltivazione del cacao in Vietnam e il missionario Padre Gernot piantò alberi di cacao a Ben Tre alla fine del 1800.
Il cacao non ebbe gran successo. Nei documenti amministrativi degli inizi del XX secolo si legge che il Tenente Generale revocò i sussidi agli agricoltori di cacao dopo soli 17 anni: “Sembra, in effetti, inutile incoraggiare questa cultura che fino ad ora non ha prodotto risultati soddisfacenti“, osservava in un decreto del 24 gennaio 1907. Alcuni alberi di Cacao rimasero nel delta del Mekong, dove i frutti venivano consumati prevalentemente freschi, dimenticati quasi da tutti.
Negli anni Ottanta il commercio con l’URSS (e alcuni altri stati del blocco orientale) mantenne a galla l’economia vietnamita. Esperti di cioccolato sovietici intensificarono il loro interesse per il cacao, ma alla maturazione del primo raccolto cadde il muro di Berlino e gli acquirenti russi scomparvero. I contadini rimasti senza clienti tagliarono quasi tutti gli alberi.
Dopo la fine dell’embargo statunitense, i commercianti internazionali di materie prime, le ONG e i programmi di sviluppo estero trovarono in Vietnam uno sbocco per la crescente necessità di materie prime.
Il governo provò a coltivare Cacao ovunque alla ricerca di volumi significativi. Si stima che la coltivazione sia cresciuta con un picco di cinquemila tonnellate nel 2010, per ridursi in seguito a favore di colture più redditizie come pepe o pomelo.
Fortunatamente alcuni agricoltori hanno riconosciuto nel cacao un’alternativa stabile e promettente, in particolare raccogliendo, fermentando e essiccando le proprie fave di cacao.
Nel 2016 il Vietnam ha ricevuto il riconoscimento come paese produttore di cacao pregiato e da allora incrementa progressivamente la sua importanza come produttore di cacao.